Cos’è Adaptive Academy? Qual è il tuo ruolo?
Adaptive Academy nasce a Torino dall’incontro tra un bisogno, ovvero la “volontà di moltiplicare il numero di ore di sport per persone con disabilità sul territorio nazionale” e tre realtà distinte, aventi la voglia di costruire qualcosa di concretamente inclusivo: la mia, di ideatore e comunicatore nonché atleta disabile, quella di Carlo Mazzola — filantropo in ambito Charity e referente della Fondazione Mazzola — e Luca Casciello, dirigente di La Mole Sports Academy, palestra multi-disciplinare di Rivoli (TO).
L’insieme di queste tre realtà ha prodotto un progetto che nasce per studiare e divulgare metodologie di allenamento e quindi di adattamento, in grado di permettere a persone con disabilità motoria e cognitiva di praticare il proprio sport insieme a persone senza alcun handicap: nella stessa ora, nello stesso luogo, con lo stesso allenatore, nella stessa “classe”. All’evidente beneficio fisico e di autoconsapevolezza della persona con handicap, si affianca la maggiore conoscenza, ispirazione, immedesimazione e “normalizzazione” dell’handicap da parte di chi non vive con una difficoltà motoria o cognitiva, attraverso uno scambio “a due vie”, che è proprio delle attività inclusive.
In un contesto sociale in cui si è forse troppo rapidamente arrivati al concetto del disabile-supereroe, costruire una normalità di approccio che renda meno impattanti le differenze, restituisce un senso di comunità che traguarda la semplicità dell’obiettivo iniziale: la moltiplicazione del tempo trascorso a fare sport.
Che cosa contraddistingue di più la tua attività quotidiana? Come impatta questo sulla città in cui vivi, Torino, e sul tuo paese?
In un anno di vita, Adaptive Academy ha allenato oltre venti persone con disabilità: paraplegie, amputazioni di arto, paralisi cerebrali e autismo sono stati i primi contesti d’azione. CrossFit, arrampicata, calisthenics, difesa personale, yoga, brazilian ju-jitsu sono stati invece i “canali” su cui si è lavorato per la costruzione degli adattamenti specifici per le persone.
Ma il progetto non nasce per essere erogato solo in un luogo fisico: vogliamo creare una community di allenatori e proprietari di palestre più consapevoli, dei veri professionisti dell’allenamento adattato. Per fare ciò abbiamo realizzato un corso della durata di due giorni e siamo riusciti a ricevere l’attestazione del CONI: gli allenatori che superano l’esame finale possono richiedere al progetto l’erogazione economica per sostenere abbonamenti e lezioni per i propri atleti disabili, i quali quindi vengono “alleggeriti” dai costi derivanti dal fare sport.
Ciò crea una reale community su tutto il territorio, con “avamposti” Adaptive Academy sparsi per tutto il territorio, con allenatori allineati sulle linee guida, sulle metodologie, sui bisogni degli atleti e su come adattare il quotidiano. L’impatto sulla città è enorme: a fronte di circa venti atleti che hanno ricevuto l’erogazione diretta del servizio, vanno considerate come “impattate” anche tutte le persone non disabili che quotidianamente si sono allenate con loro e che hanno cambiato il loro modo di percepire lo sport per disabili, la disabilità, lo sport in generale.
A queste persone vanno aggiunti tutti gli studenti che abbiamo incontrato nel corso dell’anno (oltre 5.000 in tutta Italia) che sono entrati in contatto con un nuovo modo di intendere lo sport per disabili e l’handicap. Questi ragazzi e ragazze di ogni ordine e classe raccontano il loro vissuto a casa, con le proprie famiglie e la persona disabile diventa testimonial e divulgatore di emozioni, sensazioni, storie e imprese virtuose, che parlano di limiti, ostacoli, errori, difficoltà, vittorie e sconfitte, che rendono più consapevoli le nuove generazioni.
Con quali tre aggettivi definiresti la tua attività da local hero?
Rivoluzionaria. Il nostro obiettivo è cancellare l’inclusione. Arrivare ad un punto tale in cui questa non esiste più per come l’abbiamo accolta fino ad oggi: normalizzare significa pareggiare, permettere a tutti di vivere la propria esperienza sportiva diminuendo le distanze al punto da non doverle più dichiarare. E’ un concetto nuovo ma anche il traguardo che ci siamo posti come Adaptive Academy: adattiamo, includiamo fino a cancellare la differenza da un punto di vista di sforzo, stimolo, risultato.
Vulnerabile. La vulnerabilità è il permesso che diamo a noi stessi di essere trafitti dalle cose che ci accadono e non va confusa con la debolezza. Il nostro è un progetto “forte” in termini di conoscenza erogata ma parte dall’umile punto di vista che ogni essere umano è diverso dall’altro e che ogni forma di conoscenza può arricchire un progetto, importando le proprie peculiarità. Niente di quello che facciamo nasce per non cambiare ma muta di continuo: un allenatore che suggerisce un nuovo metodo, un atleta che scopre forme nuove di movimento, arti protesici che differiscono tra loro e permettono diversi approcci… Tutto cambia così velocemente che se non si è vulnerabili al cambiamento e accoglienti verso gli altri, anche il migliore dei progetti non può che avere vita breve.
Vitale. Lo sport è un linguaggio, è il contesto in cui ci sentiamo di spendere il nostro impegno. Ma è solo un mezzo, non il fine ultimo. Abbiamo scelto lo sport perché è il contesto in cui siamo cresciuti, quello che ci ha fatto e ci fa stare bene, ma ognuno ha il proprio “sport”, inteso come elemento motivante. Siccome ci ha dato tanto, vorremmo spendere il resto dei nostri giorni per restituire quanto lo sport ha fatto per noi, dando un senso più alto alla nostra vita e — speriamo — a quella degli altri. Lo sport domina la nostra vita da sempre, ci tiene vivi, ci fa pensare, correre, camminare, lavorare. Adaptive Academy è un progetto legato alla vita delle persone, disabili e no. Sia per chi lo eroga sia per chi lo riceve, come fosse un dono che può, nel suo piccolo, cambiare del tutto o in parte la vita delle persone.