Il suo progetto: Progetto Quid & Amorilla
Anna Fiscale e Camilla Mendini
Il 24 aprile è il giorno in cui si commemora la tragedia del Rana Plaza.
Il 24 aprile 2013, in Bangladesh, è crollato un palazzo di otto piani, sede di cinque fabbriche tessili che cucivano vestiti per aziende del fashion system occidentali. Più di 1.000 persone hanno perso la vita, mentre 2.500 hanno subito mutilazioni fisiche che non gli permettono più di lavorare e condurre una vita serena.
Il fotografo bangladese Ismail Ferdous ha prodotto un reportage fotografico che descrive la tragedia. Da questo tragico evento, emergono però anche storie di speranza.
Quella giornata è diventata il simbolo di quanto possa essere altissimo il costo umano ed ambientale del fast fashion che, viceversa, si traduce in prezzi di vendita bassissimi.
Il settore tessile è uno fra i più inquinanti. A differenza di quanto si possa pensare, non è solo lo smaltimento dei vestiti tra i fattori che inquinanti. L’impatto ambientale inizia a monte del processo produttivo, con un consumo di trilioni di acqua all’anno solo per la tintura dei tessuti. Acqua che poi, con all’interno anche sostanze chimiche dannose, viene riversata illegalmente in natura ed entra nel ciclo alimentare perché i costi di depurazione sono troppo alti. Anche il tessuto in sé, se non è naturale, può risultare inquinante nella fase del lavaggio. Un’alternativa a tutto questo sarebbe tornare alle tinture naturali che però, per loro natura, non possono essere applicate su larga scala, come anche all’uso di tessuti naturali, o certificati. Per altre soluzioni pratiche, vi invitiamo ad ascoltare i consigli delle nostre due heroes.
La Fashion Revolution Week, come ogni anno, il 24 aprile lancia il contest #WhoMadeMyClothes rivolgendo la domanda ai produttori, i quali dovrebbero rispondere con #IMadeYourClothes dando un segnale di trasparenza. Chiunque può aderire all’iniziativa, basta scattarsi una foto con un capo indossato al contrario che metta in evidenza l’etichetta e taggare il brand.
Noi abbiamo voluto contribuire a creare più consapevolezza rispetto al tema della moda sostenibile, intervistando due Heroes: Anna Fiscale e Camilla Mendini.

Anna è la fondatrice e presidente di Quid, un’impresa sociale che offre un’opportunità di lavoro sicuro a persone vulnerabili, soprattutto donne, che hanno combattuto e superato situazioni difficili a livello personale o sociale (vittime di violenza o di tratta, persone con disabilità o che hanno lottato con l’alcolismo o stupefacenti, ex detenuti e migranti che cercano asilo o nuove opportunità in Italia). Progetto Quid è il brand di moda etica e sostenibile dell’impresa sociale Quid, che crea capi di abbigliamento e accessori in edizione limitata: le collezioni prendono vita da eccedenze di tessuti messe a disposizione dalle più prestigiose aziende di moda e del settore tessile, materiale che altrimenti sarebbero destinati allo smaltimento come rifiuti.

Camilla, invece, nasce come designer e content creator, dedicandosi sempre di più alla moda sostenibile e diventando un punto di riferimento per la comunità di Instagram, dove la si può trovare come @carotilla_. Ogni giorno, infatti, tramite le sue stories, i post ed i video su Youtube consiglia come approcciarsi alla moda sostenibile, e ad uno stile di vita sostenibile, tramite consigli pratici e piccoli gesti che possono fare la differenza. Nel suo canale Youtube si possono trovare molti video che consigliano marchi etici e sostenibili, per qualsiasi capo di abbigliamento. Camilla è anche fondatrice e designer di Amorilla, un brand etico e sostenibile di cui ci parla meglio nell’intervista.
Per chi volesse approfondire di più il tema della moda sostenibile, di seguito diamo un po’ di consigli.
FILM
·The True Cost
LIBRI
· This is a Good Guide — for a Sustainable Lifestyle, Marieke Eyskoot
· No logo, Naomi Klein
· Slave to fashion, Safia Minney
· Fashionopolis, Dana Thomas
· To die for: is fashion wearing out the world?, Lucy Siegle
· Siete pazzi a indossarlo! Perché la moda a basso costo avvelena noi e il pianeta, Elizabeth Cline
SITI WEB
· Eco Age